LIBRI 1
Non
sono un ubriaco, ma neppure un santo. Un medicine-man non deve essere un
“santo” … Deve poter cadere in basso quanto un pidocchio ed elevarsi come un
aquila … Deve essere un dio e diavolo insieme. Essere un buon medicine-man significa trovarsi nel
mezzo di una tormenta e non mettersi al riparo. Significa sperimentare la vita
in tutte le sue espressioni. Significa fare il pazzo ogni tanto. Anche questo è
sacro”.
Capriolo Zoppo
(Stregone della
tribù Lakota)
Nella copertina gialla del volume “La
psicobiologia della guarigione psicofisica” è scritto: “Un libro per chi sente intuitivamente che tutti abbiamo in noi stessi
la chiave della salute e del benessere”.
E’ proprio questa frase che, intuitivamente,
mi ha fatto pensare: “Lo devo leggere!”.
So bene quanto gli stati mentali
influenzino il mio benessere fisico ed ho appreso come, di riflesso, tutti i
malesseri fisici siano collegati alle
nostre emozioni e ai nostri stati mentali.
Ciò non è ancora ben chiaro a tanti
medici, ad alcuni psicologi e a molte persone che si trovano a dover affrontare
un disagio. Non entro nel merito di quanto ancora
occorra sensibilizzare la classe medica perché, sia per esperienza personale
sia per i fatti che continuamente accadono, è lampante come la situazione
generale sia decisamente drastica.
Leggendo questo libro, mi sono
chiesta: “ma se l’ipnosi è così vantaggiosa perché non le viene dato più spazio?”.
Ad esempio: se funziona come anestesia, perché si continuano ad usare gli
anestetici anche per interventi di poco conto? Per non parlare di tutte le
altre applicazioni in cui si può trarre notevole beneficio dall’uso di questa
tecnica.
Ho trovato molto
interessante il paragone fra suggestione ipnotica ed effetto placebo. C’è un 55% di effetto placebo in molte
procedure di guarigione, se non in tutte. Case farmaceutiche ne volete tenere
conto? Volete tener conto che “atteggiamenti
e stati emotivi positivi possono influire sull’attività biochimica del
cervello, per agevolare il ringiovanimento della salute”?
Il
punto di forza di entrambi i libri è la costante attenzione alla
psiconeurofisiologia.
I maggiori sistemi di trasduzione
mente-corpo sono quattro: il sistema nervoso autonomo, quello endocrino,
immunitario e neuropeptidico. In questi sistemi svolge un ruolo di primaria
importanza il sistema
limbico-ipotalamico: area associativa dell’informazione viscerale.
La percezione dell’informazioni
viscerali viene registrata inconsciamente come sentimenti, propri della
sfera emozionale. Nel sistema viscerale, oltre a tale versante percettivo, è
presente anche il versante motorio. Due sono le classi di azione principali: le
azioni che agiscono sull’ambiente viscerale stesso (scariche secretorie,
modificazioni vasomotorie..) e le azioni verso l’ambiente esterno, effettuate
dal nostro sistema motorio.
Le emozioni, quindi, riflettono i
cambiamenti viscerali comunicati alle strutture di monitoraggio somatico del
cervello. Se un lampo ci mette paura, non è la visione del lampo ad essere
percepita come emozione, bensì la nostra risposta viscerale agli eventi che
sentiamo da un punto di vista emozionale.
Le strutture che formano il nucleo
dei sistemi generanti le emozioni, sono molto antiche da un punto di vista filogenetico
e si trovano nelle porzioni mediali e superiori del tronco encefalico (ipotalamo,
GPA, nuclei del rafe, formazione reticolare…).
L’ipotalamo è il centro focale
del sistema limbico del cervello, esso riceve input da tutti i punti del
sistema nervoso e funziona come centrale di scambio d’informazioni. L’ipotalamo
è il ganglio “a capo” del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico).
I centri ipotalamici possono controllare la temperatura corporea, la
salivazione, l’attività gastrointestinale…
CEREBRALE
↕
Sistema limbico - Ippocampo- Amigdala - Talamo
↕
IPOTALAMO
↕
Centri inferiori del tronco encefalico
↕
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
- simpatico -
parasimpatico
Il tronco encefalico e tutte le zone
cerebrali, attraverso le quali avviene la comunicazione mente-corpo sono di
primaria importanza per la modulazione della nostra vita emotiva, per lo
sviluppo dello stress e per tutto ciò che include la salute psicofisica.
Nel sistema limbico-ipotalamico
troviamo il corrispettivo anatomico della connessione mente-corpo: esso fa da
ponte tra aspettative e processi creativi della mente da una parte e fisiologia
emotiva del corpo dall’altra.
La memoria, l’apprendimento e il
comportamento stato-dipendente sono codificati in tale sistema e quindi sono
strettamente collegati con la trasduzione dell’informazione tra la mente ed il
corpo.
I problemi psicosomatici si
riflettono su disfunzioni, codificate entro l’apprendimento stato-dipendente
del sistema limbico-ipotalamico, di trasduzione mente-corpo dell’informazione.
Il sistema nervoso autonomo regola
innumerevoli processi vitali, pertanto molti organi posso rispondere in modo
psicosomatico.
L’ipnosi può
essere un mezzo efficace per modulare i sistemi del gran simpatico e del
parasimpatico.
Attraverso l’ipnosi è possibile
accedere e ristrutturare i sistemi di memoria e apprendimento stato dipendente
che codificano i sintomi ed i problemi.
“Si
può accedere a questi sistemi con approcci psicologici, come anche fisiologici
(ad esempio, farmaci). L’effetto placebo è un’integrazione sinergica di
entrambi.”
L’effetto placebo è una forma di comunicazione
mente-corpo che, usando i metodi di cura della medicina, riduce l’ansia e
facilita la guarigione. Le nostre aspettative culturali e la nostra fiducia nei
tradizionali metodi di cura, ci fanno già guarire. Come afferma Cousin: “il
placebo è il dottore dentro di noi”.
La responsività ipnotica,
invece, funziona in modo un po’ diverso: attraverso la suggestione psicologica
si può accedere agli schemi di comunicazione mente-corpo e modificarli.
Ciò che accade durante lo stato di
ipnosi è appunto una trasformazione del pensiero in azione, in sensazione, in
movimento o visione, senza che l’inibizione intellettuale faccia in tempo ad
agire.
Bernheim (1886), uno dei pionieri dell’ipnosi
terapeutica, descrive il processo ipnotico come la trasformazione di un’idea
ricevuta in un atto, del pensiero in azione.
Non tutte le persone sono predisposte
alla suggestione, sembra che sia una qualità innata.
Dagli studi sulla lateralizzazione,
si sono ottenute importanti scoperte.
L’emisfero destro ha modalità di
trasduzione dell’informazione più collegate agli stati emotivi,
all’immaginazione e alla comunicazione mente-corpo (ne consegue la sua
associazione con il sistema limbico-ipotalamico). L’emisfero sinistro, invece,
è specializzato nella trasduzione linguistico-verbale del linguaggio.
Sia i soggetti facili all’effetto
placebo, sia quelli responsivi all’ipnosi, riescono ad inibire l’emisfero
verbale dominante nella sua modalità critica dell’elaborazione
dell’informazione. Questi individui sono
più propensi ad inibire i segnali di dubbio e scetticismo tipici dell’emisfero
dominante (in genere quello sinistro). Per i destrimani, la responsività
all’ipnosi è, soprattutto, una funzione dell’emisfero destro.
Pierre Janet (1859-1947) vede, la causa prima
della psicopatologia, nella dissociazione tra processi mentali coscienti ed
inconsci (da notare che Freud dice la stessa cosa quando parla di
rimozione). Janet ritiene possibile modificare questa dissociazione attraverso
l’ipnosi.
Milton H. Erickson (1902-1980) ha dimostrato, poi, come
le amnesie traumatiche e i sintomi psicosomatici, siano dissociazioni
psico-neuro-fisiologiche, che possono essere risolte con una “nuova sintesi
interiore” nell’ipnoterapia.
Nelle sue sedute d’ipnosi, Erickson
ricreava con il paziente le immagini, i suoni, le sensazioni, i pensieri ed i
sentimenti presenti durante l’evento traumatico (memoria dipendente dallo stato
d’animo). In questo modo riusciva ad accedere all’informazione legata allo
stato.
Attraverso suggestioni e domande
sistematiche, dove ogni parola era scelta con cura, Erickson riusciva a fa
rivivere, in forma cronologica progressiva, alcuni eventi passati; questo
momento era importantissimo per ottenere poi dei successi.
La scelta che il terapeuta fa
delle parole da usare è fondamentale. Per accedere alle aree problematiche,
sarà importante avvalersi di un linguaggio similare a quello del paziente,
porsi con i suoi peculiari atteggiamenti e con il suo modo personale di vedere
le cose.
“Lo stile naturalistico di
Erickson consisteva nell’utilizzare qualunque tipo di manierismo ideomotorio
che il paziente avesse già manifestato”. (analogia con il ‘gesto chiave’ della Psicoterapia
Biosistemica).
Prima di leggere questo libro, mi
ponevo in una maniera un po’ scettica rispetto all’ipnosi. Mi sembrava uno
strumento troppo direttivo ed invasivo dell’intimità profonda della persona. Mi
sono dovuta nettamente ricredere.
Il metodo utilizzato da Erickson è
totalmente diverso dal tradizionale ipnotismo autoritario, che implica la
suggestione diretta. Egli non incita le persone a ricordare, non crede che i
soggetti ipnotizzati siano ipersuggestionabili ma, al contrario, ritiene
fondamentale trattarli con una certa circospezione. Infatti, le persone,
durante l’ipnosi, sono ipersensibili ed accetteranno ciò che il
terapeuta suggerisce loro, solo se saranno con lui in un rapporto di
collaborazione.
L’ipnoterapeuta Ericksoniano non usa la suggestione per “cacciar via” o
inibire un sintomo, ma utilizza i mezzi naturali di autoguarigione che ogni
persona possiede.
Attenzione: Erickson non dà un
comando ipnotico, ma procede aggirando quelle che chiama “limitazioni
apprese”, “trovando la via d’accesso alla potenziale reazione terapeutica che già
esiste dentro il soggetto”.
Anche l’approccio della
Psicoterapia Biosistemica segue questa linea terapeutica: solo il paziente
potrà trovare le sue soluzioni. Come
scrive Jerome Liss: “il protagonista
tiene saldo il comando della sua nave. L’ascoltatore empatico accompagna il
capitano nel viaggio … ma il capitano resta sempre nella posizione centrale”.
Ernest L. Rossi scrive: “Io suggerisco ai miei pazienti che il loro
inconscio faccia il proprio lavoro a modo suo. Raccomando, però, che siano
curiosi di sapere come il loro inconscio risolverà qualsivoglia problema essi
desiderino affrontare”.
Spesso accade che sia proprio un
sintomo ad indicarci che, ad esempio,
dobbiamo prenderci una pausa. Ciò accade ad esempio nella malattia
psicosomatica: il linguaggio corporeo agisce come sostituto per la mancanza di
un linguaggio verbale (emisfero sinistro) ed emotivo-immaginativo (emisfero
destro).
Erickson c’insegna come il sintomo
possa essere trasformato in un segnale. La malattia può, quindi, essere
un’esortazione a smettere le proprie abitudini per fermarsi a scoprire
significati più profondi. “Il tuo sintomo o problema è di fatto amico tuo … ti
dice che è necessario un mutamento creativo nella tua vita”.
A differenza della medicina
tradizionale, l’approccio psicobiologico di Erickson, non cerca di eliminare un
sintomo, ma gli dà voce per poter ascoltare quello che ha da dire. In tal modo
sarà poi possibile esplorare un’infinita gamma di attività creative e
curative.
I numerosi riferimenti dell’autore
alle terapie alternative (approcci olisitici, sciamanistici e spiritualistici
alla guarigione) mi hanno fatto venire in mente Alejandro Jodorowski,
fondatore, con Fernando Arrabal e Roland Topor, del movimento di teatro “panico”.
Negli atti paradossali e nella
psicomagia, Jodorowski esprime, in modo surreale, ciò che significa usare la
creatività come auto-guarigione.
Per mezzo di quello che egli chiama
"gesto poetico", Jodorowki propone all'interlocutore un gesto da
realizzare, in apparenza privo di logica, in realtà con un forte impatto
emotivo, che lo porterà a vedere e percepire la propria realtà da un punto
diverso e nuovo. Quindi l'interlocutore, realizzando il gesto proposto, spezza
la quotidianità delle proprie problematiche e del suo personale vissuto, per
arrivare a una nuova percezione del problema.
Riporto qui un estratto , tratto da
“Psicomagia. Una terapia panica”, di Jodorowski.
" Un giorno è venuto da me un uomo, di padre africano e madre francese e, poco dopo, una donna nella stessa situazione. Non si conoscevano e venivano a consultarsi ognuno per conto proprio. Entrambi vivevano male la loro origine mista. Decisi di unirli in un atto psicomagico comune. Pensai che attraverso quell’atto simultaneo, realizzato da due persone di sesso diverso, si sarebbero incarnati l’uomo e la donna interiore, animus et anima. Non avevano la pelle né molto chiara né molto scura. Chiesi loro di truccarsi, uno di nero l’altro di bianco, di andare in macchina all’Arco di Trionfo e di percorrere a piedi gli Champs Élysèes; poi dovevano tornare al punto di partenza, dove si erano truccati, e scambiarsi i ruoli – il nero diventava bianco e viceversa – e ripercorrere la stessa strada. Ti leggo la lettera del ragazzo, Sylvain:
“Sabato mattina: ho davanti a me due tubetti di fondotinta. Uno riporta la
scritta ‘carne’, l’altro ‘nero’. Il bagno è angusto e la ragazza che è al mio
fianco mi rende nervoso. E’ priva di energia, elasticità, sembra quasi che sia
sul punto di mettersi a piangere. Ha scelto di truccarsi da bianca per prima.
Ho i crampi alla stomaco finché mi dico: ‘Andiamo, su, che non è nulla…’.
In realtà, c’è poco da
ridere. Mi torna in mente il motivo che mi spinge ad accettare di percorrere
gli Champs Élysèes prima truccato da nero e poi da bianco; mi tornano in
mente i quindici o venti anni di gioventù pieni di complessi per la mia
inferiorità razziale, la mia confusione, l’avversione degli altri nei miei
confronti, la mancanza del piacere di vivere. Penso a Laurence che, in un
corridoio della scuola – saranno passati almeno venti anni – si era messa a
gridare disgustata perché aveva scoperto che ero innamorato di lei… Rimiro la
mia immagine nello specchio e mi dico che in fondo l’idea mi piace. L’auto ci
lascia all’inizio degli Champs Élysèes. Indosso una parrucca e una cuffia di
merletti. La mia compagna è truccata da bianca e vestita di nero. All’inizio
procediamo in fretta, come sul punto di metterci a correre, ma subito
rallentiamo il passo. Io attiro l’attenzione; nessuno, invece, sembra
accorgersi della donna al mio fianco. Molti mi guardano sorridendo e mi sento
piccolo piccolo, come raccolto in me stesso. Sento qualcuno commentare: ‘Che
viveur!’. Sorrido! Non avverto più il mio corpo, mi sento mancare la terra
sotto i piedi. Mi fanno venir voglia di strapparmi la parrucca, cancellare il
colore della mia pelle, e gridare: ‘Questo sono io!’.
Entriamo in una galleria,
c’è poca luce e mi calmo un po’. Il resto del tragitto mi sembra più facile e
mi accorgo di una cosa: qualunque sia l’immagine che la gente ha di me, non è
altro che un’immagine. Nessuno può vedermi come sono, se non sono io a decidere
di mostrarmi. E, anche così, chi sarebbe capace di vedermi realmente? Siamo
arrivati al termine del primo percorso. In macchina, al ritorno, ripenso al concetto
d’immagine e tra me dico che sarebbe interessante giocare un po’ con la mia.
Siamo di nuovo in bagno. Mi pulisco il viso e il colore nero se ne va, si
scioglie nel lavandino. Ricordo che da piccolo non so che cosa avrei dato per
vedere il colore della mia pelle sciogliersi nell’acqua
Adesso mi tocca fare il
bianco. Il trucco mi sembra più complesso: non è tanto facile accostarsi alla
tonalità della pelle bianca. Sembro un burino: il travestimento che adotto è da
fan heavy metal con cappellino rock. Truccarmi da bianco mi pare un sacrilegio.
E’ interessante sottolinearlo perché durante il primo travestimento non avevo
avuto questa sensazione. Ripercorriamo un’altra volta gli Champs Élysèes, ora
nessuno sembra accorgersi di me, mentre la gente osserva la ragazza che è al
mio fianco. E’ molto nera e veste di bianco. Per tutto il tragitto mi chiedo se
gli altri si sentirebbero a disagio come mi sento io in questo momento, se
sapessero quello che sto facendo…
In fin dei conti è tutto
molto impersonale. Nessuno vede niente. La gente è indifferente, ognuno bada a
se stesso. Un giretto per il Virgin Megastore e fine del viaggio. Mi sento
leggero. Mi è venuta voglia di spendere un capitale in vestiti nuovi. E’ come
se fosse la fine di un sogno”.
Sia Sylvain che Nathalie, la
ragazza, hanno avuto reazioni molto positive. Qualche tempo dopo, hanno anche
trovato due compagni: Sylvain una ragazza bianca e Nathalie un uomo di colore.
Per quanto ne so le due coppie vanno d’accordo…
P.S. L'8 Ottobre esce
"Psicomagia - Un'arte per guarire" un documentario di Alejandro
Jodorowsky
LIBRI:
“La
psicobiologia della guarigione psicofisica” E. L. Rossi, Astrolabio Ubalidini Edizioni,
1987. Frase chiave: “Ristrutturare i sintomi in segnali e i problemi in
soluzioni creative”
“Il cervello e il mondo
interno” Mark Solms, Oliver Turnbull,
Cortina Raffaello Edizioni, 2004
Frase chiave: “Basi
neurologiche della psicoanalisi”
"Psicomagia. Una terapia panica" A.
Jodorowsky, Feltrinelli Edizioni, 2006