domenica 22 settembre 2019

Recensione n.1 3 libri

LIBRI 1


Non sono un ubriaco, ma neppure un santo. Un medicine-man non deve essere un “santo” … Deve poter cadere in basso quanto un pidocchio ed elevarsi come un aquila … Deve essere un dio e diavolo insieme. Essere un buon medicine-man significa trovarsi nel mezzo di una tormenta e non mettersi al riparo. Significa sperimentare la vita in tutte le sue espressioni. Significa fare il pazzo ogni tanto. Anche questo è sacro”.
Capriolo Zoppo
(Stregone della tribù Lakota)



Nella copertina gialla del volume “La psicobiologia della guarigione psicofisica” è scritto: “Un libro per chi sente intuitivamente che tutti abbiamo in noi stessi la chiave della salute e del benessere”.
 E’ proprio questa frase che, intuitivamente, mi ha fatto pensare: “Lo devo leggere!”.
So bene quanto gli stati mentali influenzino il mio benessere fisico ed  ho appreso come, di riflesso, tutti i malesseri fisici siano collegati alle nostre emozioni e ai nostri stati mentali.
Ciò non è ancora ben chiaro a tanti medici, ad alcuni psicologi e a molte persone che si trovano a dover affrontare un disagio. Non entro nel merito di quanto ancora occorra sensibilizzare la classe medica perché, sia per esperienza personale sia per i fatti che continuamente accadono, è lampante come la situazione generale sia decisamente drastica.
Leggendo questo libro, mi sono chiesta: “ma se l’ipnosi è così vantaggiosa perché non le viene dato più spazio?”. Ad esempio: se funziona come anestesia, perché si continuano ad usare gli anestetici anche per interventi di poco conto? Per non parlare di tutte le altre applicazioni in cui si può trarre notevole beneficio dall’uso di questa tecnica.
Ho trovato molto interessante il paragone fra suggestione ipnotica ed effetto placebo.  C’è un 55% di effetto placebo in molte procedure di guarigione, se non in tutte. Case farmaceutiche ne volete tenere conto? Volete tener conto che “atteggiamenti e stati emotivi positivi possono influire sull’attività biochimica del cervello, per agevolare il ringiovanimento della salute”?
         Il punto di forza di entrambi i libri è la costante attenzione alla psiconeurofisiologia.
I maggiori sistemi di trasduzione mente-corpo sono quattro: il sistema nervoso autonomo, quello endocrino, immunitario e neuropeptidico. In questi sistemi svolge un ruolo di primaria importanza il  sistema limbico-ipotalamico: area associativa dell’informazione viscerale.

La percezione dell’informazioni viscerali viene registrata inconsciamente come sentimenti, propri della sfera emozionale. Nel sistema viscerale, oltre a tale versante percettivo, è presente anche il versante motorio. Due sono le classi di azione principali: le azioni che agiscono sull’ambiente viscerale stesso (scariche secretorie, modificazioni vasomotorie..) e le azioni verso l’ambiente esterno, effettuate dal nostro sistema motorio.
Le emozioni, quindi, riflettono i cambiamenti viscerali comunicati alle strutture di monitoraggio somatico del cervello. Se un lampo ci mette paura, non è la visione del lampo ad essere percepita come emozione, bensì la nostra risposta viscerale agli eventi che sentiamo da un punto di vista emozionale.
Le strutture che formano il nucleo dei sistemi generanti le emozioni, sono molto antiche da un punto di vista filogenetico e si trovano nelle porzioni mediali e superiori del tronco encefalico (ipotalamo, GPA, nuclei del rafe, formazione reticolare…).

L’ipotalamo è il centro focale del sistema limbico del cervello, esso riceve input da tutti i punti del sistema nervoso e funziona come centrale di scambio d’informazioni. L’ipotalamo è il ganglio “a capo” del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico). I centri ipotalamici possono controllare la temperatura corporea, la salivazione, l’attività gastrointestinale…

CORTECCIA
CEREBRALE
Sistema limbico - Ippocampo- Amigdala - Talamo
IPOTALAMO
Centri inferiori del tronco encefalico
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
- simpatico  - parasimpatico

Il tronco encefalico e tutte le zone cerebrali, attraverso le quali avviene la comunicazione mente-corpo sono di primaria importanza per la modulazione della nostra vita emotiva, per lo sviluppo dello stress e per tutto ciò che include la salute psicofisica.
Nel sistema limbico-ipotalamico troviamo il corrispettivo anatomico della connessione mente-corpo: esso fa da ponte tra aspettative e processi creativi della mente da una parte e fisiologia emotiva del corpo dall’altra.
La memoria, l’apprendimento e il comportamento stato-dipendente sono codificati in tale sistema e quindi sono strettamente collegati con la trasduzione dell’informazione tra la mente ed il corpo.
I problemi psicosomatici si riflettono su disfunzioni, codificate entro l’apprendimento stato-dipendente del sistema limbico-ipotalamico, di trasduzione mente-corpo dell’informazione.
Il sistema nervoso autonomo regola innumerevoli processi vitali, pertanto molti organi posso rispondere in modo psicosomatico. 

L’ipnosi può essere un mezzo efficace per modulare i sistemi del gran simpatico e del parasimpatico.
Attraverso l’ipnosi è possibile accedere e ristrutturare i sistemi di memoria e apprendimento stato dipendente che codificano i sintomi ed i problemi. 
Si può accedere a questi sistemi con approcci psicologici, come anche fisiologici (ad esempio, farmaci). L’effetto placebo è un’integrazione sinergica di entrambi.”
L’effetto placebo è una forma di comunicazione mente-corpo che, usando i metodi di cura della medicina, riduce l’ansia e facilita la guarigione. Le nostre aspettative culturali e la nostra fiducia nei tradizionali metodi di cura, ci fanno già guarire. Come afferma Cousin: “il placebo è il dottore dentro di noi”.
La responsività ipnotica, invece, funziona in modo un po’ diverso: attraverso la suggestione psicologica si può accedere agli schemi di comunicazione mente-corpo e modificarli.
Ciò che accade durante lo stato di ipnosi è appunto una trasformazione del pensiero in azione, in sensazione, in movimento o visione, senza che l’inibizione intellettuale faccia in tempo ad agire. 
Bernheim (1886), uno dei pionieri dell’ipnosi terapeutica, descrive il processo ipnotico come la trasformazione di un’idea ricevuta in un atto, del pensiero in azione.
Non tutte le persone sono predisposte alla suggestione, sembra che sia una qualità innata.
Dagli studi sulla lateralizzazione, si sono ottenute importanti scoperte.
L’emisfero destro ha modalità di trasduzione dell’informazione più collegate agli stati emotivi, all’immaginazione e alla comunicazione mente-corpo (ne consegue la sua associazione con il sistema limbico-ipotalamico). L’emisfero sinistro, invece, è specializzato nella trasduzione linguistico-verbale del linguaggio.
Sia i soggetti facili all’effetto placebo, sia quelli responsivi all’ipnosi, riescono ad inibire l’emisfero verbale dominante nella sua modalità critica dell’elaborazione dell’informazione.  Questi individui sono più propensi ad inibire i segnali di dubbio e scetticismo tipici dell’emisfero dominante (in genere quello sinistro). Per i destrimani, la responsività all’ipnosi è, soprattutto, una funzione dell’emisfero destro.
Pierre Janet (1859-1947) vede, la causa prima della psicopatologia, nella dissociazione tra processi mentali coscienti ed inconsci (da notare che Freud dice la stessa cosa quando parla di rimozione). Janet ritiene possibile modificare questa dissociazione attraverso l’ipnosi.
Milton H. Erickson (1902-1980) ha dimostrato, poi, come le amnesie traumatiche e i sintomi psicosomatici, siano dissociazioni psico-neuro-fisiologiche, che possono essere risolte con una “nuova sintesi interiore” nell’ipnoterapia. 
Nelle sue sedute d’ipnosi, Erickson ricreava con il paziente le immagini, i suoni, le sensazioni, i pensieri ed i sentimenti presenti durante l’evento traumatico (memoria dipendente dallo stato d’animo). In questo modo riusciva ad accedere all’informazione legata allo stato.

Attraverso suggestioni e domande sistematiche, dove ogni parola era scelta con cura, Erickson riusciva a fa rivivere, in forma cronologica progressiva, alcuni eventi passati; questo momento era importantissimo per ottenere poi dei successi.
La scelta che il terapeuta fa delle parole da usare è fondamentale. Per accedere alle aree problematiche, sarà importante avvalersi di un linguaggio similare a quello del paziente, porsi con i suoi peculiari atteggiamenti e con il suo modo personale di vedere le cose.
“Lo stile naturalistico di Erickson consisteva nell’utilizzare qualunque tipo di manierismo ideomotorio che il paziente avesse già manifestato”. (analogia con il ‘gesto chiave’ della Psicoterapia Biosistemica).
Prima di leggere questo libro, mi ponevo in una maniera un po’ scettica rispetto all’ipnosi. Mi sembrava uno strumento troppo direttivo ed invasivo dell’intimità profonda della persona. Mi sono dovuta nettamente ricredere.
Il metodo utilizzato da Erickson è totalmente diverso dal tradizionale ipnotismo autoritario, che implica la suggestione diretta. Egli non incita le persone a ricordare, non crede che i soggetti ipnotizzati siano ipersuggestionabili ma, al contrario, ritiene fondamentale trattarli con una certa circospezione. Infatti, le persone, durante l’ipnosi, sono ipersensibili ed accetteranno ciò che il terapeuta suggerisce loro, solo se saranno con lui in un rapporto di collaborazione.

L’ipnoterapeuta Ericksoniano  non usa la suggestione per “cacciar via” o inibire un sintomo, ma utilizza i mezzi naturali di autoguarigione che ogni persona possiede.
Attenzione: Erickson non dà un comando ipnotico, ma procede aggirando quelle che chiama “limitazioni apprese”,  trovando la via d’accesso alla potenziale reazione terapeutica che già esiste dentro il soggetto”.
Anche l’approccio della Psicoterapia Biosistemica segue questa linea terapeutica: solo il paziente potrà trovare le sue soluzioni.  Come scrive Jerome Liss: “il protagonista tiene saldo il comando della sua nave. L’ascoltatore empatico accompagna il capitano nel viaggio … ma il capitano resta sempre nella posizione centrale”.
Ernest L. Rossi scrive: “Io suggerisco ai miei pazienti che il loro inconscio faccia il proprio lavoro a modo suo. Raccomando, però, che siano curiosi di sapere come il loro inconscio risolverà qualsivoglia problema essi desiderino affrontare”.
Spesso accade che sia proprio un sintomo ad  indicarci che, ad esempio, dobbiamo prenderci una pausa. Ciò accade ad esempio nella malattia psicosomatica: il linguaggio corporeo agisce come sostituto per la mancanza di un linguaggio verbale (emisfero sinistro) ed emotivo-immaginativo (emisfero destro).
Erickson c’insegna come il sintomo possa essere trasformato in un segnale. La malattia può, quindi, essere un’esortazione a smettere le proprie abitudini per fermarsi a scoprire significati più profondi. “Il tuo sintomo o problema è di fatto amico tuo … ti dice che è necessario un mutamento creativo nella tua vita”.
A differenza della medicina tradizionale, l’approccio psicobiologico di Erickson, non cerca di eliminare un sintomo, ma gli dà voce per poter ascoltare quello che ha da dire. In tal modo sarà poi possibile esplorare un’infinita gamma di attività creative e curative.

I numerosi riferimenti dell’autore alle terapie alternative (approcci olisitici, sciamanistici e spiritualistici alla guarigione) mi hanno fatto venire in mente Alejandro Jodorowski, fondatore, con Fernando Arrabal e Roland Topor, del movimento di teatro “panico”.
Negli atti paradossali e nella psicomagia, Jodorowski esprime, in modo surreale, ciò che significa usare la creatività come auto-guarigione.
Per mezzo di quello che egli chiama "gesto poetico", Jodorowki propone all'interlocutore un gesto da realizzare, in apparenza privo di logica, in realtà con un forte impatto emotivo, che lo porterà a vedere e percepire la propria realtà da un punto diverso e nuovo. Quindi l'interlocutore, realizzando il gesto proposto, spezza la quotidianità delle proprie problematiche e del suo personale vissuto, per arrivare a una nuova percezione del problema.
Riporto qui un estratto , tratto da “Psicomagia. Una terapia panica”, di Jodorowski.



" Un giorno è venuto da me un uomo, di padre africano e madre francese e, poco dopo, una donna nella stessa situazione. Non si conoscevano e venivano a consultarsi ognuno per conto proprio. Entrambi vivevano male la loro origine mista. Decisi di unirli in un atto psicomagico comune. Pensai che attraverso quell’atto simultaneo, realizzato da due persone di sesso diverso, si sarebbero incarnati l’uomo e la donna interiore, animus et anima. Non avevano la pelle né molto chiara né molto scura. Chiesi loro di truccarsi, uno di nero l’altro di bianco, di andare in macchina all’Arco di Trionfo e di percorrere a piedi gli Champs Élysèes; poi dovevano tornare al punto di partenza, dove si erano truccati, e scambiarsi i ruoli – il nero diventava bianco e viceversa – e ripercorrere la stessa strada. Ti leggo la lettera del ragazzo, Sylvain:
         “Sabato mattina: ho davanti a me due tubetti di fondotinta. Uno riporta la scritta ‘carne’, l’altro ‘nero’. Il bagno è angusto e la ragazza che è al mio fianco mi rende nervoso. E’ priva di energia, elasticità, sembra quasi che sia sul punto di mettersi a piangere. Ha scelto di truccarsi da bianca per prima. Ho i crampi alla stomaco finché mi dico: ‘Andiamo, su, che non è nulla…’.


In realtà, c’è poco da ridere. Mi torna in mente il motivo che mi spinge ad accettare di percorrere gli Champs Élysèes  prima truccato da nero e poi da bianco; mi tornano in mente i quindici o venti anni di gioventù pieni di complessi per la mia inferiorità razziale, la mia confusione, l’avversione degli altri nei miei confronti, la mancanza del piacere di vivere. Penso a Laurence che, in un corridoio della scuola – saranno passati almeno venti anni – si era messa a gridare disgustata perché aveva scoperto che ero innamorato di lei… Rimiro la mia immagine nello specchio e mi dico che in fondo l’idea mi piace. L’auto ci lascia all’inizio degli Champs Élysèes. Indosso una parrucca e una cuffia di merletti. La mia compagna è truccata da bianca e vestita di nero. All’inizio procediamo in fretta, come sul punto di metterci a correre, ma subito rallentiamo il passo. Io attiro l’attenzione; nessuno, invece, sembra accorgersi della donna al mio fianco. Molti mi guardano sorridendo e mi sento piccolo piccolo, come raccolto in me stesso. Sento qualcuno commentare: ‘Che viveur!’. Sorrido! Non avverto più il mio corpo, mi sento mancare la terra sotto i piedi. Mi fanno venir voglia di strapparmi la parrucca, cancellare il colore della mia pelle, e gridare: ‘Questo sono io!’.
Entriamo in una galleria, c’è poca luce e mi calmo un po’. Il resto del tragitto mi sembra più facile e mi accorgo di una cosa: qualunque sia l’immagine che la gente ha di me, non è altro che un’immagine. Nessuno può vedermi come sono, se non sono io a decidere di mostrarmi. E, anche così, chi sarebbe capace di vedermi realmente? Siamo arrivati al termine del primo percorso. In macchina, al ritorno, ripenso al concetto d’immagine e tra me dico che sarebbe interessante giocare un po’ con la mia. Siamo di nuovo in bagno. Mi pulisco il viso e il colore nero se ne va, si scioglie nel lavandino. Ricordo che da piccolo non so che cosa avrei dato per vedere il colore della mia pelle sciogliersi nell’acqua

Adesso mi tocca fare il bianco. Il trucco mi sembra più complesso: non è tanto facile accostarsi alla tonalità della pelle bianca. Sembro un burino: il travestimento che adotto è da fan heavy metal con cappellino rock. Truccarmi da bianco mi pare un sacrilegio. E’ interessante sottolinearlo perché durante il primo travestimento non avevo avuto questa sensazione. Ripercorriamo un’altra volta gli Champs Élysèes, ora nessuno sembra accorgersi di me, mentre la gente osserva la ragazza che è al mio fianco. E’ molto nera e veste di bianco. Per tutto il tragitto mi chiedo se gli altri si sentirebbero a disagio come mi sento io in questo momento, se sapessero quello che sto facendo…
In fin dei conti è tutto molto impersonale. Nessuno vede niente. La gente è indifferente, ognuno bada a se stesso. Un giretto per il Virgin Megastore e fine del viaggio. Mi sento leggero. Mi è venuta voglia di spendere un capitale in vestiti nuovi. E’ come se fosse la fine di un sogno”.
Sia Sylvain che Nathalie, la ragazza, hanno avuto reazioni molto positive. Qualche tempo dopo, hanno anche trovato due compagni: Sylvain una ragazza bianca e Nathalie un uomo di colore. Per quanto ne so le due coppie vanno d’accordo…

P.S. L'8 Ottobre esce "Psicomagia - Un'arte per guarire" un documentario di  Alejandro Jodorowsky
 
LIBRI:
 “La psicobiologia della guarigione psicofisica” E. L. Rossi, Astrolabio Ubalidini Edizioni, 1987. Frase chiave: “Ristrutturare i sintomi in segnali e i problemi in soluzioni creative”
“Il cervello e il mondo interno” Mark Solms, Oliver Turnbull, Cortina Raffaello Edizioni, 2004
Frase chiave: “Basi neurologiche della psicoanalisi”
 "Psicomagia. Una terapia panica" A. Jodorowsky, Feltrinelli Edizioni, 2006